Quando si parla di religione, una delle prime cose che viene in mente sono i 10 comandamenti. Scritti sulla pietra, consegnati a Mosè, considerati da milioni di persone come il fondamento della morale umana.
Ma oggi, in un mondo sempre più complesso, chi li rispetta davvero? E soprattutto, cosa ne pensano gruppi religiosi alternativi come i Testimoni di Geova?
La domanda è legittima: i Testimoni di Geova seguono i 10 comandamenti così come li conosciamo?
Oppure ne danno un’interpretazione diversa, magari legata a una visione teologica più moderna o esclusiva?
Per rispondere, occorre analizzare cosa dicono ufficialmente sull’Antico Testamento, quali precetti mantengono, quali considerano “superati” e come vivono nella pratica quei principi che molti cristiani reputano ancora sacri e immutabili.
1. Introduzione: i 10 comandamenti sono ancora validi?
I Testimoni di Geova dichiarano di basarsi esclusivamente sulla Bibbia, e in effetti conoscono e citano spesso il Decalogo. Ma nel loro sistema di fede, non tutti i comandamenti vengono applicati allo stesso modo.
Alcuni vengono considerati ancora validi, perché confermati da Gesù. Altri, invece, vengono interpretati come parte della “Legge mosaica” superata con la venuta del Cristo.
A complicare il quadro c’è anche la loro rigida visione del nome di Dio (Geova), il rifiuto della croce, delle immagini sacre e delle celebrazioni religiose tradizionali.
Tutto questo porta a una domanda cruciale: seguire i comandamenti per loro significa davvero vivere secondo la volontà di Dio, o secondo la volontà dell’organizzazione?
In questo articolo analizzeremo punto per punto la posizione ufficiale dei Testimoni di Geova sui dieci comandamenti, evidenziando le differenze rispetto al cattolicesimo e ad altre confessioni cristiane, e valutando come questi precetti vengono vissuti – o imposti – nella realtà quotidiana.
2. Cosa sono i 10 comandamenti nella Bibbia
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a) L’origine mosaica e il significato per il cristianesimo
I 10 comandamenti, noti anche come Decalogo, sono una delle espressioni più conosciute e fondamentali della morale biblica.
Secondo la narrazione dell’Esodo, furono dati direttamente da Dio a Mosè sul monte Sinai, incisi su tavole di pietra, come base del patto tra Dio e il popolo d’Israele.
Nel cristianesimo tradizionale (sia cattolico che protestante), il Decalogo non è soltanto un residuo dell’Antico Testamento, ma una guida morale valida anche oggi, in quanto ripreso e confermato da Gesù nei Vangeli, in particolare nel discorso della montagna.
Molti cristiani vedono nei dieci comandamenti la sintesi del rapporto tra uomo e Dio (i primi tre) e tra uomo e uomo (gli altri sette): non adorare altri dèi, non nominare il nome di Dio invano, onorare i genitori, non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, ecc.
b) Il decalogo come codice morale universale
Al di là della fede, i 10 comandamenti vengono spesso riconosciuti come un codice morale universale. Anche chi non è credente ne conosce almeno alcuni, e molti di essi sono diventati principi condivisi a livello etico e giuridico, come:
- il rispetto per la vita (non uccidere),
- il rispetto per la proprietà (non rubare),
- la verità (non dire falsa testimonianza),
- la fedeltà coniugale (non commettere adulterio).
Per questo motivo, il modo in cui un gruppo religioso si rapporta ai dieci comandamenti è indicativo della sua visione del mondo, della libertà individuale e della morale collettiva.
c) Le due versioni: Esodo e Deuteronomio
È interessante notare che la Bibbia riporta i 10 comandamenti due volte, con leggere differenze:
- in Esodo 20:1-17, nel contesto dell’uscita dall’Egitto;
- in Deuteronomio 5:6-21, come ripetizione fatta da Mosè alla nuova generazione.
Le due versioni differiscono in alcuni dettagli, come l’enfasi sul “ricordare” il sabato (Esodo) o “osservare” il sabato (Deuteronomio), ma nella sostanza trasmettono lo stesso nucleo morale.
Questa doppia attestazione ha generato diverse versioni del decalogo nelle varie confessioni cristiane, influenzando anche la lettura dei Testimoni di Geova, che – come vedremo – accettano alcuni comandamenti come validi, mentre altri li reinterpretano o li considerano superati.
3. I 10 comandamenti secondo i Testimoni di Geova
a) Quali riconoscono come vincolanti
I Testimoni di Geova non usano il termine “decalogo” con la stessa enfasi delle Chiese tradizionali, ma insegnano comunque che alcuni comandamenti sono ancora validi, perché riconosciuti da Gesù e confermati nel Nuovo Testamento.
Tra quelli che considerano tuttora vincolanti troviamo:
- Non commettere omicidio
- Non rubare
- Non commettere adulterio
- Non dire falsa testimonianza
- Onora tuo padre e tua madre
Questi precetti vengono regolarmente insegnati nelle adunanze e nelle pubblicazioni ufficiali, e chi li trasgredisce può essere ammonito o espulso.
b) Quali ritengono superati da Gesù
Secondo la teologia geovista, la Legge mosaica è stata abolita con il sacrificio di Cristo, e con essa anche alcuni precetti “cerimoniali” del decalogo, come:
- L’osservanza del sabato: i Testimoni non lo considerano più obbligatorio, e non osservano il riposo settimanale del sabato come fanno ebrei o avventisti.
- Il divieto assoluto sulle immagini: pur condannando l’idolatria, i Testimoni non usano croci né icone religiose, ma pongono l’accento più sull’adorazione esclusiva di Geova che sull’aspetto artistico o simbolico.
In pratica, la loro selezione dei comandamenti si basa sull’interpretazione che ne danno il Nuovo Testamento e la loro organizzazione.
c) La loro applicazione pratica nella vita quotidiana
Nella vita quotidiana, i Testimoni di Geova sono molto rigidi nell’applicazione morale dei comandamenti che ritengono validi.
Ad esempio:
- l’adulterio è motivo di disassociazione (espulsione);
- le menzogne o le frodi sono condannate duramente;
- il rispetto dell’autorità dei genitori è visto come segno di spiritualità.
Tuttavia, la loro obbedienza spesso appare più legata al timore di conseguenze disciplinari che a una reale interiorizzazione del principio morale.
Inoltre, il comandamento “non uccidere” viene interpretato in modo selettivo: si rifiutano di partecipare a guerre o militari, ma giustificano la morte per dissanguamento se rifiutano trasfusioni di sangue, anche in caso di emergenza medica.
Ciò dimostra che, per i Testimoni di Geova, il rispetto dei 10 comandamenti è filtrato attraverso le direttive dell’organizzazione, e non sempre lascia spazio alla coscienza individuale.
4. Differenze rispetto ai cattolici e ad altri cristiani
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a) L’uso del nome Geova
Una delle differenze più evidenti tra i Testimoni di Geova e le Chiese cristiane tradizionali è l’enfasi assoluta sul nome “Geova”.
I Testimoni ritengono che l’uso del nome proprio di Dio (una forma del tetragramma YHWH tradotta come “Geova”) sia un requisito fondamentale per l’accettazione divina.
Questo li porta a:
- sostituire il termine “Signore” con “Geova” in molte traduzioni bibliche;
- considerare sospette le religioni che non lo usano;
- identificare come apostasia l’adorazione di Gesù Cristo come Dio anziché come Figlio subordinato.
Nella loro visione, non si può essere veri cristiani senza invocare il nome Geova, mentre per cattolici, ortodossi e protestanti, l’essenza della fede non dipende da una forma linguistica ma dalla relazione con Dio.
b) Il divieto delle immagini e della croce
I Testimoni di Geova rigettano qualsiasi forma di simbolismo religioso visivo, incluso:
- la croce, considerata un simbolo pagano;
- le immagini sacre (santi, Madonne, Gesù stesso);
- ogni icona o oggetto devozionale che potrebbe ricordare l’idolatria.
Questa posizione nasce dal secondo comandamento (Esodo 20:4), ma viene applicata in modo radicale, al punto da bandire anche immagini di Gesù nelle abitazioni o nelle pubblicazioni ufficiali.
Al contrario, nelle Chiese cristiane tradizionali, le immagini non sono oggetto di culto ma strumenti di devozione, e la croce è simbolo centrale della fede.
c) L’osservanza del sabato e delle festività
Un’altra differenza marcata è il rifiuto da parte dei Testimoni di Geova dell’osservanza del sabato e delle festività religiose tradizionali, come:
- Natale e Pasqua, considerate di origine pagana;
- la domenica come giorno sacro, che per loro non ha valore particolare;
- le celebrazioni dei santi o della Madonna, totalmente assenti nella loro dottrina.
Per loro, il sabato (settimo giorno) è parte della Legge mosaica abolita da Gesù, mentre i cattolici e molti protestanti vedono nella domenica il giorno della risurrezione e della comunità cristiana.
Queste differenze evidenziano una lettura molto selettiva del decalogo da parte dei Testimoni, dove l’interpretazione ufficiale dell’organizzazione prevale sulla tradizione cristiana storica.
5. Obbedienza o legalismo?
a) L’importanza della condotta morale
I Testimoni di Geova danno enorme importanza alla condotta morale, e molti dei comandamenti vengono vissuti come standard etici irrinunciabili:
- evitare menzogne, furti, adulterio;
- essere rispettosi verso genitori e autorità;
- mantenere un comportamento irreprensibile nella società.
Tuttavia, questa enfasi sulla condotta non nasce solo da un desiderio interiore di vivere bene, ma spesso da un senso di dovere imposto, accompagnato dalla paura di ripercussioni spirituali e sociali.
b) Le sanzioni per chi “trasgredisce”
Chi viola i comandamenti ritenuti vincolanti può subire sanzioni disciplinari severe, tra cui:
- l’ammonimento privato da parte degli anziani;
- la privazione di incarichi congregazionali;
- in casi gravi, la disassociazione, che comporta l’ostracismo totale da parte della comunità, amici e familiari compresi.
Questo sistema rafforza l’obbedienza attraverso il timore e porta molti a conformarsi esteriormente anche se interiormente hanno dubbi o difficoltà.
c) La tensione tra legge, coscienza e libertà
Il punto critico è proprio questo: la tensione continua tra legge, coscienza e libertà personale.
Molti Testimoni seguono i comandamenti più per non essere puniti che per convinzione profonda. E chi sviluppa un pensiero critico o una diversa interpretazione della Scrittura viene spesso silenziato o allontanato.
In questo contesto, la legge morale smette di essere una guida spirituale e diventa un sistema di controllo, dove l’obbedienza cieca vale più della comprensione personale.
Il rischio è che, in nome dei comandamenti, si perda il senso stesso dell’etica: fare il bene per convinzione e non per imposizione.
6. Esperienza personale dell’autore
a) Quando credevo che i comandamenti fossero tutto
Per molti anni, ho vissuto con l’idea che rispettare i comandamenti fosse il massimo della spiritualità. Li conoscevo a memoria, li citavo spesso, li usavo come metro per giudicare gli altri — e soprattutto me stesso.
Ero convinto che “vivere secondo le regole di Geova significasse essere una persona giusta agli occhi di Dio.”
Ma col tempo ho iniziato a notare qualcosa che non tornava.
Persone che rispettavano ogni comandamento, ma non provavano empatia verso chi soffriva.
Uomini e donne irreprensibili all’esterno, ma pronti a voltarti le spalle se disubbidivi anche solo a un dettaglio dottrinale.
E poi c’ero io, che non riuscivo più a sentirmi libero nemmeno nella mia coscienza, perché ogni scelta era filtrata dal pensiero: “questa cosa sarà accettata dall’organizzazione?”
Quel giorno ho capito che seguire i comandamenti non basta se lo fai solo per paura, o per compiacere un sistema.
La vera fede dovrebbe nascere dalla comprensione, non dalla minaccia di un’espulsione.
E la vera morale, quella che ti rende umano, non può essere solo una lista da spuntare per evitare il giudizio altrui.
7. Libri consigliati per approfondire
a) Testicoli di Genova: Cronache tragicomiche dal mondo delle visite a domicilio
Un’opera pungente e ironica che racconta il lato grottesco, ma drammaticamente reale, dell’attività missionaria dei Testimoni di Geova.
Con tono brillante ma profondo, l’autore svela quanto il rispetto esteriore delle regole possa coesistere con l’ipocrisia e l’autocensura.
Un libro per ridere… ma anche per riflettere su cosa significhi davvero vivere sotto il peso di comandamenti applicati in modo meccanico.
b) Testimoni di Geova e Bibbia: Setta o Vera Religione?
Una guida analitica e ben documentata per chi vuole confrontare i precetti dell’organizzazione con le Scritture, la storia del cristianesimo e la libertà di coscienza.
Il libro affronta anche la questione dei comandamenti, della disciplina, e delle conseguenze spirituali e psicologiche del legalismo religioso.
Ideale per chi vuole valutare con mente lucida e spirito critico, al di là delle imposizioni.
8. Conclusione
a) Più comandamenti o più controllo?
Alla fine, la domanda da porsi è questa: i Testimoni di Geova rispettano i comandamenti… o li usano per esercitare controllo?
Perché se da un lato proclamano obbedienza a Dio, dall’altro trasformano quei comandamenti in strumenti per misurare la fedeltà all’organizzazione.
La moralità diventa condotta obbligata. L’etica si riduce a regolamento.
E chi sbaglia, non viene aiutato a comprendere, ma punito o espulso.
Non c’è vera spiritualità senza libertà.
E non c’è rispetto dei comandamenti se il fine non è amare Dio e il prossimo, ma evitare l’esclusione sociale e il disprezzo interno.
b) Seguire Dio o seguire l’organizzazione?
È qui che si gioca tutto: seguire Dio dovrebbe portarti a essere una persona più compassionevole, libera, autentica.
Ma quando seguire Dio viene confuso con l’obbedienza cieca a un gruppo umano, allora anche i 10 comandamenti possono diventare una prigione.
La fede non dovrebbe spingerti a uniformarti, ma a comprendere, a scegliere, a vivere ciò in cui credi.
Perché Dio — se esiste — non ci ha dato le tavole della legge per trasformarci in robot religiosi, ma per insegnarci il senso della responsabilità e dell’amore consapevole.
Ora non mi resta che augurarti buona permanenza su Soldionline.biz!
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