Commemorazione dei Testimoni di Geova: cos’è davvero e cosa nasconde la “festa” più importante dell’anno

da | 28 Mar 2025 | Crescita Personale, Religione, Sette Religiose

La commemorazione dei Testimoni di Geova è, almeno in apparenza, un evento sacro, solenne, il più importante dell’anno per questa confessione religiosa. Ogni primavera, milioni di persone in tutto il mondo si radunano nelle Sale del Regno o in location affittate per l’occasione per ricordare la morte di Gesù Cristo. Ma dietro il velo della spiritualità e della devozione, si cela una realtà ben diversa, fatta di esclusività dottrinale, rituali meccanici e una rigida struttura di controllo ideologico.

In questo articolo analizzeremo ogni aspetto della commemorazione: cosa accade durante l’evento, perché solo pochissimi possono prendere pane e vino, e quali sono le basi scritturali su cui la Torre di Guardia ha costruito il suo rituale esclusivo. Approfondiremo il significato della figura degli “unti” e del numero simbolico dei 144.000, una delle dottrine più controverse del geovismo.

Ma non solo. Condividerò con te anche la mia esperienza personale: da giovane Testimone seduto in silenzio mentre passavo simboli a cui non potevo accedere, al momento in cui ho aperto gli occhi e compreso che tutto era un copione scritto da altri. Un teatrino religioso dove la spiritualità vera era bandita.

E se vuoi andare oltre questo articolo, ti parlerò dei miei due libri: uno satirico, l’altro critico e documentato, in cui smonto dall’interno le incoerenze della commemorazione e, più in generale, dell’intero sistema dei Testimoni di Geova.

Se anche tu hai assistito a questo evento o ne sei incuriosito, continua a leggere. Scoprirai che dietro un semplice pezzo di pane azzimo e un sorso di vino si nasconde molto di più di quanto immaginassi.

1. Cos’è la commemorazione dei Testimoni di Geova

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a) La celebrazione annuale della morte di Gesù

Per i Testimoni di Geova, la commemorazione della morte di Gesù Cristo è l’unica ricorrenza religiosa che celebrano ogni anno, in genere nel periodo pasquale, ma secondo il calendario ebraico, quindi in una data diversa da quella della Pasqua tradizionale. Questo evento si basa principalmente sulla celebrazione dell’Ultima Cena, descritta nei Vangeli, e ha l’obiettivo di onorare il sacrificio di Cristo. Tuttavia, la commemorazione nei Testimoni di Geova è profondamente diversa da qualsiasi altra celebrazione cristiana dell’eucaristia, sia nella forma che nella sostanza.

b) Perché la considerano la ricorrenza più importante

Secondo la dottrina geovista, Gesù non ha comandato di celebrare la sua nascita o la sua resurrezione, ma solo la sua morte, come indicato nel Vangelo di Luca. Per questo motivo, la commemorazione è ritenuta l’evento centrale del culto. Viene considerata un comandamento diretto da parte di Cristo e, pertanto, ha un’importanza assoluta. Ogni sforzo organizzativo della congregazione converge su questa ricorrenza, al punto che i Testimoni sono incoraggiati a invitare chiunque, anche chi non è membro della loro religione, perché viene vista come un’opportunità di evangelizzazione globale.

2. Come si svolge la commemorazione

a) L’ambiente, i simboli e il rituale

L’atmosfera della commemorazione è sobria, silenziosa, quasi teatrale, con luci soffuse e un tono estremamente formale. Al centro della scena vi sono due elementi simbolici: un vassoio con pane azzimo (senza lievito) e un bicchiere di vino rosso, che rappresentano rispettivamente il corpo e il sangue di Cristo. Il discorso pronunciato da un anziano della congregazione spiega il significato dell’evento e della morte di Gesù secondo l’interpretazione della Torre di Guardia. Ma, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il rituale non prevede una vera “partecipazione” collettiva.

b) I presenti non partecipano: passano pane e vino senza prenderli

Uno degli aspetti più sorprendenti della commemorazione dei Testimoni di Geova è che, nonostante la presenza del pane e del vino, quasi nessuno dei presenti li prende effettivamente. Dopo il discorso, i simboli vengono passati tra i presenti, che li osservano, li tengono brevemente in mano, e poi li passano alla persona accanto senza consumarli. Questa scena può durare diversi minuti, in un clima di silenzio e solennità, ma anche di evidente esclusione. Di fatto, la stragrande maggioranza degli astanti assiste a un rito al quale non può accedere.

c) Chi può “partecipare” davvero secondo loro

Solo una ristrettissima categoria di persone, che si considerano parte dei cosiddetti “unti”, può effettivamente prendere parte al pane e al vino. Secondo i Testimoni di Geova, Dio ha scelto solo 144.000 persone per regnare con Cristo in cielo, e solo loro possono prendere i simboli perché sono “nati di nuovo”. Questo numero, tratto dall’Apocalisse, è interpretato letteralmente, e si presume che la maggior parte dei 144.000 sia già morta. Di conseguenza, è raro che qualcuno partecipi davvero, e quando succede, è trattato come un evento eccezionale, quasi mistico. Gli altri, anche se presenti, devono limitarsi a osservare, perché la loro speranza non è celeste, ma terrena.

3. Le basi bibliche e le interpretazioni della Torre di Guardia

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a) La lettura di Luca 22 e 1 Corinti 11

Durante la commemorazione, i Testimoni di Geova leggono i versetti di Luca 22:19-20 e 1 Corinti 11:23-26, che narrano l’istituzione dell’Ultima Cena da parte di Gesù. Questi passi sono utilizzati per giustificare la pratica di celebrare annualmente la morte di Cristo. Tuttavia, la loro interpretazione è fortemente condizionata dalle dottrine uniche della Torre di Guardia, che si discostano in modo netto da qualunque forma di cristianesimo tradizionale.

In particolare, l’organizzazione sostiene che Gesù si rivolgesse soltanto a un gruppo ristretto di discepoli “unti”, e che l’invito a prendere pane e vino non fosse rivolto a tutti i cristiani, ma esclusivamente a coloro che sarebbero stati parte del Regno celeste. Di conseguenza, la commemorazione viene letta come un comando selettivo, anziché universale. Questo ha come effetto diretto l’esclusione della quasi totalità dei presenti dall’atto stesso della comunione.

b) L’esclusivismo degli “unti” e la dottrina dei 144.000

Al centro di questa interpretazione c’è la dottrina dei 144.000, secondo cui Dio avrebbe scelto un numero preciso e limitato di persone per regnare con Cristo nei cieli. Questi individui, considerati “unti” dallo spirito santo, avrebbero il diritto di prendere parte al pane e al vino durante la commemorazione. Per tutti gli altri – anche se sinceramente devoti – non è previsto alcun coinvolgimento attivo nel rito.

Questo sistema di esclusione religiosa crea una netta divisione tra “classe celeste” e “classe terrena”, alimentando un senso di inferiorità spirituale nei membri che non fanno parte del gruppo degli unti. Il risultato è che la commemorazione diventa un evento in cui la maggior parte dei partecipanti assiste da spettatore, senza poter accedere a ciò che, in teoria, dovrebbe essere un simbolo universale dell’amore e del sacrificio di Cristo.

4. Esperienza personale: quando sentivo di essere escluso da tutto

a) Come vivevo l’evento da giovane Testimone

Ricordo bene la sensazione che provavo ogni anno, da ragazzo, durante la commemorazione. Mi sedevo composto, in giacca e cravatta, cercando di apparire devoto e concentrato. Ma ogni volta che vedevo passare il pane e il vino davanti a me, senza poterli toccare davvero, sentivo crescere dentro una sensazione di estraneità. Era come se un muro invisibile mi separasse da qualcosa di sacro, come se non fossi mai abbastanza per Dio. Anche se nessuno lo diceva apertamente, il messaggio era chiaro: tu non sei tra gli eletti.

Nel silenzio della sala, si avvertiva una solennità quasi opprimente. Ogni movimento era controllato, ogni sguardo contenuto. Era evidente che non si stava celebrando un momento di gioia o di unione, ma un rito freddo, scolpito nella pietra da regole imposte dall’alto.

b) Quando ho capito che era solo un teatro rituale

Col passare del tempo, e con l’inizio delle prime crepe interiori nella mia fede, ho iniziato a vedere le cose in modo diverso. Ogni gesto – dal passaggio del vassoio al tono impostato del discorso – mi appariva sempre più come una messinscena, ripetuta ogni anno con precisione chirurgica, senza alcuna reale connessione spirituale.

La vera epifania è arrivata quando ho smesso di credere che Dio potesse dividere i suoi adoratori in categorie, escludendone alcuni da un atto simbolico così universale come la comunione. Ho compreso che quel rituale serviva più a rafforzare la struttura gerarchica dell’organizzazione che a onorare il sacrificio di Cristo. Non era spiritualità, era teatro. E io non volevo più recitare quella parte.

5. I miei libri che raccontano l’ipocrisia dell’evento

a) Testicoli di Genova: la commemorazione vista da dentro

Nel mio romanzo satirico Testicoli di Genova: cronache tragicomiche dal mondo delle visite a domicilio, ho voluto raccontare l’esperienza geovista dall’interno, mescolando ironia, disincanto e realtà. All’interno del libro, la commemorazione dei Testimoni di Geova diventa uno degli episodi simbolo della contraddizione religiosa. Si parla di un evento in cui si celebra un amore universale, ma in cui la maggior parte delle persone viene lasciata fuori.

Attraverso personaggi grotteschi e situazioni al limite dell’assurdo, ho voluto mostrare l’ipocrisia nascosta dietro la solennità apparente, il moralismo di facciata e l’ossessione per l’immagine. Chi ha vissuto quegli ambienti riconoscerà ogni dettaglio, ogni sguardo, ogni tensione non detta. E forse, proprio ridendoci su, potrà iniziare a guarire.

b) Testimoni di Geova e Bibbia: la verità sull’eucaristia negata

Nel mio saggio Testimoni di Geova e Bibbia: Setta o Vera Religione? affronto la commemorazione da un punto di vista più documentato e analitico. In particolare, dedico un intero capitolo alla negazione sistematica dell’eucaristia come atto comunitario. Prendo in esame i testi biblici, li confronto con le interpretazioni della Torre di Guardia, e mostro come queste ultime siano costruite su forzature dottrinali e meccanismi di controllo psicologico.

Il libro contiene anche testimonianze inedite di ex membri, teologi, e studiosi indipendenti, che smontano la narrazione ufficiale dell’organizzazione. Il mio intento non è solo denunciare, ma fornire strumenti critici a chi cerca risposte, a chi si sente smarrito, e a chi vuole davvero capire se il cristianesimo dei Testimoni sia fede… o solo forma.

6. Conclusione: commemorare o controllare?

La commemorazione della morte di Gesù, così come viene praticata dai Testimoni di Geova, non è un momento di unione o spiritualità autentica, ma un rito rigido che serve a rafforzare l’identità e il controllo interno dell’organizzazione. È un evento carico di simbolismo, ma vuoto di partecipazione, dove l’apparenza di devozione nasconde una gerarchia dottrinale che esclude anziché includere.

Nel tempo ho imparato che la fede non si misura in simboli passati di mano, ma nella capacità di vivere con coerenza, libertà e amore. E se c’è una verità che ho compreso, è che l’unico vero sacrificio che viene chiesto ai Testimoni è quello della propria autonomia di pensiero.

Commemorare dovrebbe essere un atto di memoria e gratitudine, non uno strumento per dividere le persone tra “degni” e “indegni”. E allora la domanda finale è questa: stiamo davvero ricordando Gesù… o stiamo solo obbedendo a un copione che altri hanno scritto per noi?

Foto Luca Catanoso

Luca Catanoso

Blogger e scrittore, autore di numerosi libri pubblicati su Amazon. Racconto storie emozionanti di animali, approfondisco tematiche di storia militare, sviluppo personale e molto altro ancora. La mia missione è ispirare, informare e coinvolgere attraverso la scrittura.

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