I Testimoni di Geova Festeggiano la Festa della Mamma?

da | 26 Mar 2025 | Crescita Personale, Religione, Sette Religiose

I Testimoni di Geova festeggiano la festa della mamma? È una domanda che si ripresenta puntualmente ogni anno, quando milioni di persone nel mondo si preparano a onorare le proprie madri con un fiore, un pensiero, un biglietto o un semplice “ti voglio bene” in più.

Ma per chi fa parte di questa organizzazione religiosa, anche una ricorrenza così apparentemente innocua può trasformarsi in un dilemma spirituale.
Perché mai un gesto d’amore verso la propria madre dovrebbe essere considerato inopportuno o addirittura sbagliato?

In questo articolo analizzeremo la posizione dei Testimoni di Geova sulla festa della mamma, vedremo cosa dice (e cosa non dice) la loro dottrina, e come si comportano concretamente nelle scuole, nei luoghi di lavoro e all’interno delle famiglie.

Condividerò anche la mia esperienza personale, tra silenzi imposti, affetto trattenuto e la riscoperta della libertà di esprimere amore senza dover rendere conto a nessuno.

Se ti sei mai chiesto come possa una religione interferire persino con l’amore tra madre e figlio, continua a leggere. La risposta potrebbe sorprenderti.

1. I Testimoni di Geova festeggiano la festa della mamma?

a) La risposta diretta secondo la dottrina

No, i Testimoni di Geova non festeggiano la festa della mamma.
Sebbene non ci sia un divieto esplicito nei loro testi ufficiali, la posizione dell’organizzazione è chiara: qualsiasi ricorrenza non indicata nella Bibbia viene considerata inappropriata per un cristiano “veramente dedicato a Geova”.

La festa della mamma rientra a pieno titolo tra queste celebrazioni “mondane”, insieme a compleanni, Natale, San Valentino e simili. Anche se ha un significato affettivo e non necessariamente religioso, il suo legame con le usanze del mondo e con riti non biblici la rende inaccettabile per i membri devoti.

Quindi, anche un gesto semplice come un mazzo di fiori, un biglietto o una colazione a letto può essere interpretato come una forma di partecipazione a una festa non approvata da Geova.

b) Eccezioni, dubbi e interpretazioni personali

Detto ciò, come spesso accade nel mondo dei Testimoni di Geova, esistono zone grigie e interpretazioni soggettive. Alcuni membri, per amore della madre o per evitare tensioni familiari, possono scegliere di compiere gesti d’affetto “spontanei” proprio in quella giornata, ma senza ammettere di star festeggiando.

Altri ancora cercano di “anticipare” o “posticipare” l’affetto, regalando qualcosa il giorno prima o dopo, in modo da non violare tecnicamente la regola.

Ma è bene chiarirlo: tutte queste eccezioni sono tollerate solo se restano discrete e non assumono i connotati di una celebrazione ufficiale.
Se un Testimone organizza un pranzo a tema “festa della mamma” o pubblica sui social un messaggio celebrativo, potrebbe essere richiamato dagli anziani della congregazione.

2. Perché la festa della mamma non è accettata

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a) Origini religiose e culturali della ricorrenza

La festa della mamma, così come la conosciamo oggi, ha origini culturali moderne, ma è legata a riti antichi dedicati a divinità materne, come la dea Cibele o la dea Rea nella mitologia greco-romana.
Secondo i Testimoni di Geova, qualsiasi festa che abbia anche lontanamente origini pagane è da evitare, perché contaminata da pratiche idolatriche.

Questo approccio, molto rigido, non tiene conto dell’evoluzione storica delle ricorrenze, ma si concentra sull’origine e sul simbolismo iniziale, ritenuto ancora spiritualmente rilevante.

Anche se oggi la festa della mamma è vissuta come un evento commerciale o familiare, per l’organizzazione resta un’eredità pagana da rifiutare.

b) L’assenza nella Bibbia e il concetto di neutralità

Un altro pilastro della dottrina geovista è che ciò che non è presente nella Bibbia non va praticato, soprattutto se si tratta di celebrazioni o rituali.
Dal momento che la Bibbia non menziona una “festa per le madri” da celebrare in modo collettivo o ricorrente, i Testimoni ritengono che farlo sia una forma di aggiunta al culto cristiano.

Inoltre, i Testimoni di Geova sostengono il concetto di neutralità spirituale e culturale: significa evitare qualunque coinvolgimento in tradizioni, festività o ricorrenze che abbiano origine al di fuori del “vero cristianesimo”.

Festeggiare la festa della mamma, anche con le migliori intenzioni, significa infrangere questa neutralità, mescolandosi con un sistema che loro definiscono “mondano” e spiritualmente dannoso.

c) Il rischio di idolatria affettiva e celebrazione dell’individuo

Infine, uno degli argomenti più particolari utilizzati dai Testimoni riguarda il concetto di “idolatria affettiva”.
Secondo l’organizzazione, mettere una persona al centro di una celebrazione, fosse anche una madre, può diventare una forma di idolatria.

Questo vale anche per compleanni, anniversari e, appunto, la festa della mamma. L’idea è che nessun essere umano debba ricevere onori speciali o celebrazioni, perché tutta la gloria dovrebbe andare a Geova.

In questa visione, onorare i genitori si fa ogni giorno con rispetto, ubbidienza e cura costante, ma senza dedicare loro un giorno specifico o gesti che possano assomigliare a una venerazione simbolica.

3. Come si comportano i Testimoni quel giorno

a) Rapporti familiari e sensibilità verso la madre

Il giorno della festa della mamma, i Testimoni di Geova evitano qualsiasi forma di celebrazione ufficiale, anche all’interno della propria famiglia.
Questo però non significa che non amino o rispettino le proprie madri. Al contrario, la dottrina insegna che onorare i genitori è un comandamento biblico, da vivere ogni giorno.

Tuttavia, quel giorno specifico viene vissuto con una certa tensione. Alcuni figli Testimoni si limitano a comportarsi come in qualsiasi altro giorno, magari mostrando affetto ma evitando qualsiasi riferimento alla ricorrenza, anche con la propria madre.

In famiglie “miste”, dove solo alcuni membri fanno parte dell’organizzazione, possono nascere disagi e silenzi imbarazzanti, con la madre che si chiede se il figlio abbia dimenticato… o stia semplicemente obbedendo a un precetto religioso.

b) Scuola, lavoro e situazioni sociali imbarazzanti

Per i bambini e i ragazzi Testimoni, la festa della mamma è una delle tante ricorrenze da “saltare” a scuola. Quando gli insegnanti propongono di realizzare un biglietto, un lavoretto o una poesia per la mamma, il bambino viene istruito a non partecipare.

Questo porta spesso a momenti difficili:

  • sentirsi diversi dagli altri compagni;
  • dover spiegare a voce bassa il motivo del rifiuto;
  • accettare di essere esclusi da un momento di affetto collettivo.

Anche in ambito lavorativo, evitare un semplice augurio o gesto simbolico può creare situazioni delicate, specie se il Testimone ha un ruolo di responsabilità o relazioni umane con il pubblico.
Molti, pur mantenendo un comportamento educato, evitano qualsiasi partecipazione emotiva o simbolica alla giornata, per non sentirsi “compromessi spiritualmente”.

4. È vietato dimostrare affetto alla propria madre?

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a) La differenza tra amore quotidiano e festività mondane

Una delle obiezioni che spesso viene mossa ai Testimoni di Geova è questa:
“Se amate davvero vostra madre, perché non potete semplicemente dimostrarlo il giorno della festa della mamma?”

La loro risposta è che l’amore non deve essere condizionato da una data imposta dal mondo, ma va dimostrato ogni giorno con azioni concrete.
Niente fiori, niente biglietti, niente colazioni speciali la seconda domenica di maggio… ma attenzione quotidiana, rispetto, presenza, sostegno.

Il problema, però, è che questa posizione tende a rendere invisibili certi gesti simbolici, che invece possono avere un grande valore emotivo e relazionale.
Per molte madri, ricevere un pensiero proprio in quel giorno significa sentirsi viste, apprezzate, amate in modo speciale.

b) Regali, fiori e biglietti: cosa è concesso e cosa no

In teoria, un Testimone di Geova può regalare dei fiori alla propria madre. Ma se lo fa proprio nel giorno della festa, il gesto cambia significato.
Non è tanto il regalo a essere vietato, ma l’intento e il contesto.
Se si percepisce che il gesto è legato alla celebrazione, può essere considerato una forma indiretta di partecipazione e quindi scoraggiato.

Alcuni membri trovano “scappatoie” per non rompere completamente il legame:

  • regalano qualcosa il giorno prima o quello dopo;
  • accompagnano il gesto con spiegazioni (“non è per la festa, ma solo per dirti che ti voglio bene”);
  • oppure rinunciano completamente, per non rischiare di incorrere in richiami da parte degli anziani.

In definitiva, l’affetto non è vietato, ma deve sempre essere scollegato da qualunque forma di ritualità “mondana”, anche se affettiva e innocente.
Un equilibrio fragile, che spesso si traduce in un affetto trattenuto, più guidato dalla paura che dall’emozione.

5. La mia esperienza personale

a) Il peso del rifiuto anche nelle piccole cose

Ricordo bene i giorni della festa della mamma mentre ero parte dell’organizzazione dei Testimoni di Geova. Per me non era un giorno speciale, e non perché non volessi bene a mia madre, ma perché avevo imparato che celebrare certe ricorrenze era semplicemente “sbagliato”.

Non facevo regali, non scrivevo biglietti, non dicevo nulla di diverso dal solito. Ma dentro di me sentivo che quel silenzio non era neutro, era pesante.
Il vero problema non era tanto non partecipare, ma sapere che quel piccolo gesto mancato avrebbe potuto farla sentire dimenticata o meno amata. E io non potevo spiegarle davvero perché lo facevo. O meglio, non potevo farle capire che non era una mia scelta autonoma, ma una regola che mi sentivo obbligato a seguire.

Col tempo, questo atteggiamento si è riversato su tante altre cose: un compleanno, una festa di pensionamento, una semplice torta portata a sorpresa. Rinunciare ai gesti non significa automaticamente rinunciare ai sentimenti, ma alla lunga i sentimenti… si appiattiscono. O si nascondono.

b) Quando dire “ti voglio bene” non basta più

Crescere dentro un sistema che ti dice che l’amore va dimostrato ogni giorno ma mai celebrato è un paradosso difficile da gestire.
Ti abitui a non fare nulla che possa sembrare “mondano”, anche se dentro di te hai voglia di esprimere affetto in modo più diretto, più spontaneo, più umano.

Quando ho lasciato l’organizzazione, ho capito quanto quei gesti mancati avessero lasciato un vuoto. Non perché non volessi bene a mia madre, ma perché avevo smesso di esprimerlo nei modi che le avrebbero fatto bene.
Dire “ti voglio bene” va bene, ma a volte serve un gesto, un fiore, una piccola attenzione che non si può rimandare a un altro giorno solo per rispettare un principio religioso astratto.

Oggi mi concedo di dimostrare affetto come, quando e perché lo sento, senza filtri. E se lo faccio nel giorno della festa della mamma, non lo vedo come una concessione al “mondo”, ma come un atto libero di amore autentico.

6. I miei libri per capire il mondo geovista

Dopo essere uscito dall’organizzazione, ho sentito il bisogno non solo di raccontare ciò che avevo vissuto, ma anche di offrire strumenti per comprendere le dinamiche interne a quel mondo che spesso resta invisibile agli occhi di chi non ci è mai entrato.

Ne sono nati due libri profondamente diversi, ma complementari.

a) Testicoli di Genova – Satira e provocazione

Una satira irriverente e dissacrante, che trasforma le situazioni più assurde vissute durante le visite a domicilio in sketch comici e riflessioni pungenti.
Un libro che fa ridere, ma anche riflettere, perché dietro ogni parodia c’è una verità che molti ex Testimoni riconosceranno immediatamente.

Testicoli di Genova è la mia vendetta ironica contro l’assurdo. Perché ridere è una forma di liberazione.

b) Testimoni di Geova e Bibbia – L’analisi che mancava

Qui ho scelto un approccio completamente diverso: serio, documentato, approfondito.
Analizzo le dottrine, le contraddizioni bibliche, i meccanismi di controllo mentale e le tecniche di persuasione usate dall’organizzazione.
È il libro che avrei voluto leggere mentre ero dentro, quello che forse mi avrebbe fatto aprire gli occhi prima.

Due libri, due voci, un solo obiettivo: far luce su un sistema che chiede obbedienza in cambio dell’anima.

7. Conclusione

a) Onorare una madre non ha bisogno di date

Amare una madre non dovrebbe mai essere subordinato a una data, così come non dovrebbe essere bloccato da una regola religiosa.
Il rispetto, la gratitudine, l’affetto sono sentimenti che vanno nutriti ogni giorno, ma questo non significa che debbano restare invisibili, silenziosi o privi di espressione.

Celebrare la festa della mamma non è idolatria, non è disobbedienza, non è vanità. È semplicemente riconoscere con gioia e umiltà il ruolo che una madre ha avuto nella nostra vita.
E farlo con un gesto, con una parola speciale, in un giorno che la società dedica a lei, non dovrebbe essere motivo di vergogna o senso di colpa.

b) Un invito alla libertà di amare senza filtri religiosi

Se hai vissuto o stai vivendo sotto una religione che ti insegna a reprimere l’affetto in nome della “neutralità spirituale”, sappi che l’amore non è mai pericoloso.
Lo è, invece, rinunciare ad amare nel modo in cui davvero sentiamo, per paura del giudizio altrui o del castigo divino.

La libertà non è solo poter scegliere se festeggiare o meno una ricorrenza.
La vera libertà è poter esprimere l’amore senza filtri, senza regole imposte, senza limiti dogmatici.

E se oggi hai voglia di dire “auguri mamma”, fallo.
Fallo per te, per lei, per tutto quello che non avete mai potuto dirvi.
Fallo liberamente. Perché l’amore vero non ha bisogno di approvazioni. Solo di verità.

Foto Luca Catanoso

Luca Catanoso

Blogger e scrittore, autore di numerosi libri pubblicati su Amazon. Racconto storie emozionanti di animali, approfondisco tematiche di storia militare, sviluppo personale e molto altro ancora. La mia missione è ispirare, informare e coinvolgere attraverso la scrittura.

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