Testimoni di Geova e omosessuali: cosa dicono davvero sulla comunità Gay tra dottrina, esclusione e omofobia interna

da | 31 Mar 2025 | Crescita Personale, Religione, Sette Religiose

Parlare di omosessualità all’interno dei Testimoni di Geova significa toccare un argomento ancora oggi profondamente controverso e spesso taciuto. Mentre la società civile avanza verso una maggiore inclusività, molte religioni restano ancorate a visioni rigide e punitive nei confronti delle persone LGBTQ+. E tra queste, i Testimoni di Geova occupano un posto rilevante, per via di una struttura interna fortemente normativa, dove ogni aspetto della vita privata viene scrutinato alla luce della dottrina.

Negli ultimi anni sono emerse testimonianze sempre più frequenti di ex membri omosessuali, che raccontano il peso della repressione, la sofferenza del silenzio e l’isolamento subito da parte della congregazione. Eppure, dal punto di vista ufficiale, la posizione della Watchtower viene presentata come “basata sulla Bibbia” e “motivata dall’amore di Dio”.

Ma qual è davvero la posizione dei Testimoni di Geova sui gay? E come vengono trattate, nella pratica, le persone omosessuali che vivono all’interno dell’organizzazione?

1. Introduzione

a) Un tema scomodo ma necessario da affrontare

L’interesse attorno a questo tema è cresciuto anche grazie al contributo di documentari, interviste e forum online dove ex membri hanno raccontato in prima persona cosa significhi essere gay tra i Testimoni di Geova. Molti di loro parlano di pressioni psicologiche, “aiuti spirituali” imposti, e vere e proprie campagne interne per scoraggiare ogni forma di “devianza” rispetto all’identità sessuale eterosessuale e cisnormativa.

La domanda “i Testimoni di Geova accettano i gay?” ha iniziato a circolare sempre di più online, generando dibattiti intensi. Il confine tra accoglienza e condanna, tra dottrina e discriminazione, è molto sottile. In alcuni casi si parla apertamente di omofobia religiosa, mentre altri difendono il diritto di ogni confessione di stabilire i propri standard morali.

In ogni caso, è chiaro che la convivenza tra fede geovista e orientamento omosessuale è tutt’altro che semplice.

b) Perché si parla di Testimoni di Geova e omosessuali

Per chi cresce all’interno dell’organizzazione o si avvicina ad essa in giovane età, scoprire di essere gay può generare un conflitto interiore devastante. Il messaggio implicito — e spesso anche esplicito — è che l’omosessualità è un peccato grave, una prova da vincere, una “tendenza” da reprimere. Alcuni vengono esortati a combattere il proprio orientamento con preghiera, studi biblici e sorveglianza da parte degli anziani.

Non è raro che tutto ciò porti a disturbi dell’umore, isolamento sociale, perdita di autostima e persino pensieri autolesionistici. E chi decide di vivere apertamente la propria identità, spesso si trova davanti a un bivio: rinnegare sé stesso o essere espulso dalla congregazione.

In questo articolo analizzeremo in profondità la posizione dei Testimoni di Geova sull’omosessualità, il modo in cui trattano i membri LGBTQ+, le accuse di omofobia e le conseguenze psicologiche che tutto questo può generare. Lo faremo anche attraverso la mia esperienza personale e consigli di lettura utili per chi vuole approfondire.

2. Cosa dicono ufficialmente i Testimoni di Geova

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a) La posizione sulla condotta omosessuale

La posizione ufficiale dei Testimoni di Geova sugli omosessuali è netta e basata su un’interpretazione letterale di alcuni versetti biblici, in particolare di Levitico, Romani e 1 Corinti. Secondo l’insegnamento della Watchtower, l’omosessualità è considerata una “condotta peccaminosa”, al pari di adulterio, fornicazione o abuso di sostanze.

La dottrina distingue chiaramente tra inclinazione omosessuale e comportamento omosessuale: mentre la prima viene tollerata come una “debolezza” da gestire, la seconda è vista come una violazione della legge di Dio. Di conseguenza, chiunque pratichi l’omosessualità in modo aperto viene automaticamente soggetto a disciplina congregazionale, che può culminare nella disassociazione.

I Testimoni di Geova ritengono che ogni persona, indipendentemente dall’orientamento sessuale, debba rimanere casta e reprimere i propri desideri non in linea con le Scritture. In pratica, a una persona omosessuale viene richiesto di non vivere la propria affettività.

b) Le pubblicazioni della Watchtower sull’omosessualità

Le riviste ufficiali della congregazione — in particolare La Torre di Guardia e Svegliatevi! — hanno spesso trattato il tema dell’omosessualità. In questi articoli si parla di persone che hanno “abbandonato lo stile di vita omosessuale” grazie alla verità biblica, presentando testimonianze di cambiamento e redenzione.

Tuttavia, il tono è spesso colpevolizzante, anche quando viene mascherato da apparente compassione. Si insiste sul concetto che l’omosessualità è un comportamento contro natura e che Dio approva solo l’unione tra un uomo e una donna sposati. Alcuni articoli suggeriscono persino che le tendenze omosessuali siano frutto di traumi o influenze ambientali negative.

Questo approccio contribuisce a rafforzare l’idea che essere gay sia un problema da superare, piuttosto che una naturale variante dell’identità umana. Non stupisce, quindi, che molte persone parlino di omofobia nei Testimoni di Geova, sebbene questa venga sistematicamente negata dall’organizzazione.

3. I Testimoni di Geova accettano i gay?

a) Differenza tra orientamento e comportamento

Ufficialmente, i Testimoni di Geova affermano di non discriminare le persone omosessuali. Tuttavia, questa affermazione va analizzata nel dettaglio. Secondo la dottrina, l’orientamento in sé non è peccaminoso, ma lo diventa nel momento in cui viene “agito”. In altre parole, una persona può essere “gay” solo se non lo manifesta, non lo pratica e non lo rivendica.

Chi accetta questa condizione viene tollerato, purché continui a vivere nella castità e si sottoponga a un percorso spirituale che includa preghiera, studio e sorveglianza. Ma è evidente che questa forma di “accettazione” è condizionata dalla rinuncia a se stessi, alla propria identità e alla possibilità di amare liberamente.

b) Accoglienza formale o esclusione silenziosa?

Nella pratica quotidiana, i Testimoni di Geova non accettano i gay come parte attiva della congregazione. Chi si dichiara apertamente omosessuale, o anche solo manifesta simpatie verso i diritti LGBTQ+, rischia l’emarginazione sociale, l’esclusione dal gruppo e il biasimo degli anziani.

Molti giovani che scoprono il proprio orientamento vivono in silenzio, con un costante senso di colpa e paura di essere scoperti. Alcuni vengono spinti a sottoporsi a colloqui ripetuti con gli anziani, con l’obiettivo di “raddrizzare” il loro cammino. In altri casi, si opta per una rimozione discreta dalla comunità, attraverso disassociazione o inattività indotta.

Il risultato è una esclusione silenziosa e sistematica, che non si presenta come violenza esplicita, ma che produce un isolamento profondo, spesso accompagnato da disagio psicologico e perdita di autostima.

4. Accuse di omofobia e condizionamento psicologico

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a) L’omofobia religiosa e le sue conseguenze

Molti studiosi e attivisti hanno sollevato nel tempo accuse di omofobia nei confronti dei Testimoni di Geova, sottolineando come la loro dottrina sull’omosessualità, pur non incitando apertamente all’odio, promuova una cultura del rifiuto sistemico e della colpevolizzazione. Questo tipo di omofobia è spesso sottile, ma profondamente incisiva: non si manifesta con insulti o violenza, ma con esclusione, imposizioni morali e disumanizzazione dell’identità sessuale.

L’idea che l’amore tra persone dello stesso sesso sia “contro natura” o “disapprovato da Dio” viene inculcata sin dalla giovane età, creando un ambiente in cui chiunque non rientri nello schema eterosessuale si sente sbagliato, rotto, da correggere. In molti casi, ciò porta a disturbi d’ansia, depressione e una profonda frattura dell’identità personale.

Il condizionamento psicologico agisce in silenzio: si trasmette attraverso studi biblici, discorsi alle adunanze, conversazioni informali e sorveglianza sociale. Le famiglie, spesso in buona fede, diventano parte attiva di questo meccanismo, incoraggiando la “purezza morale” e scoraggiando qualsiasi apertura o riflessione alternativa.

b) Testimonianze di ex membri omosessuali

Le testimonianze raccolte negli ultimi anni da ex Testimoni di Geova che si identificano come gay, lesbiche o persone LGBTQ+ raccontano una realtà molto diversa da quella dipinta nei video ufficiali dell’organizzazione. In queste storie emergono dolore, solitudine e lotta interiore, ma anche il coraggio di ricostruire la propria identità al di fuori del sistema.

Molti raccontano di essere cresciuti nella paura costante di essere scoperti, di aver vissuto relazioni clandestine, di aver affrontato crisi di fede profonde. Alcuni sono stati disassociati e hanno perso ogni legame con familiari e amici ancora nella congregazione. Altri hanno deciso di abbandonare spontaneamente l’organizzazione, scegliendo finalmente di vivere liberamente il proprio amore.

La frase più ricorrente è: “Non avevo il diritto di essere me stesso”. È il grido silenzioso di chi ha vissuto una fede che chiede rinuncia, ma non offre comprensione.

5. Esperienza personale dell’autore

a) Quando l’amore doveva essere represso per obbedienza

Anche se nel mio caso l’omosessualità non era parte diretta della mia identità, ho vissuto dall’interno lo stesso meccanismo di controllo e di negazione del sé. Ho visto giovani come me, con desideri, dubbi e domande, ridotti al silenzio da un sistema che non ammette sfumature. In quegli anni, l’amore era concesso solo se conforme alle regole. Tutto il resto era sbagliato, pericoloso, da reprimere.

Ricordo l’atmosfera durante le adunanze, i sussurri alle spalle di chi “dava nell’occhio”, i colloqui a porte chiuse con gli anziani, le espressioni affrante di chi non sapeva più se credere in Dio o nel proprio cuore. La libertà non esisteva: esisteva solo l’obbedienza. E se questa obbedienza ti chiedeva di rinnegare te stesso, allora lo facevi. Perché eri convinto che fosse la cosa giusta. O almeno, così ci avevano insegnato.

Solo uscendo dalla congregazione ho capito cosa significhi davvero amare senza paura, senza censura, senza dover chiedere il permesso a nessuno. E oggi, raccontando anche queste storie, spero di aiutare chi si trova ancora imprigionato tra dottrina e identità.

6. Libri consigliati per approfondire

a) Testimoni di Geova e Bibbia: Setta o Vera Religione?

Questo libro offre una disamina lucida e documentata sulla struttura dottrinale dei Testimoni di Geova, con particolare attenzione alle dinamiche di controllo, alle regole comportamentali e all’impatto sulla libertà individuale. Analizza le scritture usate dall’organizzazione per giustificare posizioni rigide su temi come la sessualità, l’identità e la disassociazione.

Un testo fondamentale per chi vuole comprendere da dove nasce il rifiuto verso l’omosessualità all’interno del sistema geovista, ma anche per chi cerca risposte al di fuori della narrativa ufficiale.

b) Testicoli di Genova: Cronache tragicomiche dal mondo delle visite a domicilio

Con uno stile satirico e pungente, questo romanzo racconta in chiave tragicomica l’esperienza vissuta all’interno dell’organizzazione, tra predicazione porta a porta, regole assurde e contraddizioni dottrinali. Pur facendo sorridere, il libro colpisce per la capacità di mettere in luce i paradossi e le storture di un sistema che si presenta amorevole ma esercita un controllo asfissiante.

Perfetto per chi vuole riflettere sulla realtà dei Testimoni di Geova… senza rinunciare a una buona dose di ironia.

7. Conclusione

a) Religione, identità e diritti: un nodo ancora irrisolto

Il rapporto tra fede e identità sessuale è da sempre un terreno fragile. Ma nel caso dei Testimoni di Geova, si trasforma spesso in un campo di battaglia interiore, dove a farne le spese è la dignità della persona. La dottrina non lascia spazio all’autenticità: l’orientamento omosessuale è tollerato solo se vissuto nel silenzio e nella rinuncia, mentre chi sceglie di vivere pienamente il proprio amore viene allontanato, giudicato, disconosciuto.

È lecito che una religione imponga queste condizioni nel 2025? È accettabile sacrificare l’identità sull’altare dell’obbedienza?

b) L’amore merita ascolto, non condanna

Chi ama — chiunque ami — non ha bisogno di essere corretto o redento, ma semplicemente ascoltato. E rispettato. Il mondo ha bisogno di più comprensione, non di più giudizio. Di più inclusione, non di più paura.

Per questo è importante continuare a raccontare, a informare, a smascherare le narrazioni che feriscono nel nome di Dio.
Perché nessuna verità può esistere dove manca l’umanità.

Ora non mi resta che augurarti buona permanenza su Soldionline.biz!

Foto Luca Catanoso

Luca Catanoso

Blogger e scrittore, autore di numerosi libri pubblicati su Amazon. Racconto storie emozionanti di animali, approfondisco tematiche di storia militare, sviluppo personale e molto altro ancora. La mia missione è ispirare, informare e coinvolgere attraverso la scrittura.

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