I Testimoni di Geova pregano? Scopri a chi rivolgono le loro preghiere

da | 21 Apr 2025 | Crescita Personale, Religione, Sette Religiose

I Testimoni di Geova pregano? A chi si rivolgono e cosa cambia rispetto al cristianesimo tradizionale

Quando si parla di religione, la preghiera è spesso vista come l’espressione più intima e autentica del rapporto con il divino. Ma nel caso dei Testimoni di Geova, anche il modo di pregare rispecchia la struttura rigida e controllata dell’organizzazione. Ti sei mai chiesto se i Testimoni di Geova pregano davvero? E se sì, a chi rivolgono le loro preghiere? Pregano Gesù? Usano il Padre Nostro? E cosa succede quando si allontanano dalla “formula ufficiale”?

In questo articolo analizzeremo in profondità il significato della preghiera per i Testimoni di Geova, a chi è indirizzata, come viene recitata, e soprattutto quali sono le differenze fondamentali rispetto alla preghiera cristiana tradizionale. Scoprirai che, dietro la facciata di devozione e spiritualità, spesso si nasconde una pratica meccanica, sorvegliata e priva di libertà personale.

Condividerò anche la mia esperienza personale, quando la preghiera era un obbligo più che un dialogo, e il giorno in cui ho finalmente sentito di poter parlare a Dio senza paura, senza copione, senza giudici.

Se credi che pregare sia un atto di libertà, forse è il momento di scoprire come funziona davvero la preghiera nel mondo dei Testimoni di Geova.

1. I Testimoni di Geova pregano?

a) La preghiera come atto quotidiano

Sì, i Testimoni di Geova pregano. Per loro, la preghiera è un atto fondamentale della devozione personale, praticato quotidianamente sia a livello individuale che in famiglia e durante le adunanze. Non esistono rosari, novene o liturgie: la preghiera è intesa come una conversazione diretta con Dio, da svolgersi in modo semplice e spontaneo, ma sempre secondo determinate linee guida.

Tuttavia, sebbene la preghiera sia una pratica costante, non è libera nel senso spirituale più profondo. Ogni fedele viene istruito su come pregare, cosa dire e a chi rivolgersi, secondo le direttive della Torre di Guardia, che fornisce modelli e istruzioni precise. Pregare, per un Testimone di Geova, non è tanto un’espressione personale quanto un atto conforme all’organizzazione.

b) A chi si rivolgono: solo a Geova, mai a Gesù

Uno degli aspetti più caratteristici della preghiera tra i Testimoni di Geova è l’esclusività del destinatario: si può pregare solo Geova, mai Gesù, né tantomeno Maria o i santi (che vengono rifiutati completamente come figure di intercessione).

Nelle loro preghiere, Gesù viene menzionato solo alla fine, come mediatore, con la tipica formula: “nel nome di Gesù Cristo, Amen.” Ma non gli si rivolgono direttamente. Questo perché, secondo la loro dottrina, Gesù non è Dio, ma solo il Figlio di Dio, e quindi non merita adorazione né può ricevere preghiere.

Questa posizione li distingue radicalmente da quasi tutte le altre confessioni cristiane, dove pregare Gesù è parte essenziale della fede. Nei Testimoni, invece, ogni preghiera diretta a Gesù è considerata idolatria. È un aspetto che riflette la rigida gerarchia teologica e l’interpretazione letteralista della Bibbia tipica dell’organizzazione.

2. Come si svolge la preghiera tra i Testimoni

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a) Preghiere individuali e preghiere pubbliche

Come sottolineato anche nella guida “Come pregano i Testimoni di Geova” le preghiere tra i Testimoni di Geova si dividono tra quelle personali e quelle pubbliche, ma entrambe seguono lo stesso schema e sono sottoposte alle medesime regole non scritte (ma rigidamente applicate).

Ogni Testimone è incoraggiato a pregare ogni giorno in privato, spesso al mattino, prima dei pasti e la sera. Nelle famiglie “spiritualmente forti”, è normale che il capofamiglia guidi la preghiera anche in contesti domestici, sottolineando ancora una volta la centralità maschile nella struttura religiosa.

Durante le adunanze alla Sala del Regno o nelle adunanze speciali, la preghiera viene affidata a un fratello designato, solitamente un anziano o un servitore ministeriale. Si tratta di preghiere pubbliche, che non devono mai contenere elementi personali o emotivi, ma solo richiami standardizzati al Regno di Dio, alla gratitudine verso Geova e all’obbedienza all’organizzazione.

b) Formula rigida e struttura fissa

Anche se non esiste un testo liturgico obbligatorio, la formula delle preghiere dei Testimoni di Geova è sorprendentemente uniforme. Chiunque abbia assistito a una loro adunanza lo sa: le parole cambiano, ma la struttura è sempre identica.

La preghiera comincia con l’invocazione del nome “Geova”, prosegue con espressioni di ringraziamento, richieste di aiuto per rimanere forti nella fede, e conclude sempre con la frase “nel nome di tuo Figlio Gesù Cristo, Amen.” Nessuna variazione è tollerata: chi prega “fuori copione” viene visto con sospetto, soprattutto se osa usare un linguaggio troppo emotivo, mistico o personale.

La spontaneità, che in molte religioni è parte integrante della preghiera, tra i Testimoni viene percepita come incertezza, debolezza dottrinale o addirittura presunzione. Per questo motivo, molti finiscono per ripetere frasi standard, vuote di reale coinvolgimento emotivo, pur di non rischiare di sbagliare. Tra i momenti più importanti per pregare, i Testimoni di Geova considerano la preghiera della sera una delle più importanti poichè si tratta della preghiera per concludere la giornata.

3. Differenze con la preghiera cristiana tradizionale

a) L’esclusione di Maria, santi e croce

Una delle differenze più evidenti tra la preghiera dei Testimoni di Geova e quella del cristianesimo tradizionale è l’esclusione assoluta di qualsiasi figura che non sia Geova. Per i Testimoni, Maria non è la madre di Dio, ma solo una donna usata da Geova, e i santi sono del tutto ignorati. Non esiste alcuna forma di intercessione, nessuna invocazione a figure spirituali amate da milioni di credenti nel mondo. Dunque non recitano preghiere tipo il rosario.

Anche la croce è completamente assente dalla preghiera e dal pensiero spirituale. Non viene usata né nominata, perché considerata un simbolo pagano. Questo rende le loro preghiere spogliate di ogni elemento tradizionale del cristianesimo, rendendole freddamente funzionali a una visione dottrinale precisa, priva di simboli, emozioni e tradizioni condivise.

b) L’assenza del “Padre Nostro” come preghiera liturgica

Un’altra grande assenza nelle preghiere dei Testimoni di Geova è il “Padre Nostro”, la preghiera che, secondo i Vangeli, fu insegnata da Gesù stesso ai suoi discepoli. Sebbene venga letto e commentato nelle pubblicazioni della Torre di Guardia, non viene mai recitato collettivamente né utilizzato come preghiera ufficiale.

Per i Testimoni, la preghiera non deve mai diventare una “ripetizione meccanica”, e quindi qualsiasi forma liturgica è rifiutata a priori. Ma paradossalmente, proprio in nome della spontaneità, finiscono per ripetere tutti le stesse frasi, le stesse formule, gli stessi concetti, come in un copione implicito che nessuno osa modificare.

4. Esperienza personale: quando pregavo sentendomi osservato

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a) La meccanicità delle parole

Ricordo perfettamente le mie prime preghiere da Testimone. Ero un ragazzo, convinto che ogni parola dovesse essere “giusta”, approvata, dottrinalmente corretta. Pregare non era parlare con Dio, ma seguire un copione mentale invisibile, fatto di frasi sentite migliaia di volte. Ringraziavo Geova, chiedevo forza, “nel nome di Gesù Cristo, Amen”. Sempre uguale. Sempre in tono misurato.

Non osavo dire qualcosa di davvero mio. Avevo paura di sbagliare, di dire qualcosa di “sconveniente”, di essere ascoltato non solo da Dio… ma anche da chi mi stava intorno. Ogni preghiera era un’esibizione, un atto dovuto, una dimostrazione di fedeltà, non di intimità spirituale.

b) Il giorno in cui ho pregato liberamente per la prima volta

La prima volta che ho pregato liberamente non avevo più alcun ruolo, alcuna congregazione, né nessuno da compiacere. Non c’era un copione, non c’era una frase obbligata. C’era solo me stesso, in silenzio, con il bisogno di parlare a qualcosa di più grande.

Ho usato parole mie, ho detto “Dio” senza specificare un nome, non ho chiesto forza per predicare, ma solo pace per capire. Non ho concluso nel nome di nessuno. Ed è stata la prima volta che ho sentito davvero di aver pregato.

Non c’era giudizio, non c’era paura. C’era solo libertà. E quella libertà, i Testimoni di Geova me l’avevano tolta per anni, chiamandola “verità”.

5. I miei libri: la preghiera nei Testimoni tra forma e controllo

a) Testicoli di Genova: preghiere vuote e rituali forzati

Nel mio romanzo satirico Testicoli di Genova, ho voluto raccontare la quotidianità religiosa dei Testimoni di Geova con uno sguardo ironico ma autentico, e la preghiera è uno dei temi più emblematici. Le scene in cui i protagonisti pregano riflettono un’abitudine meccanica, quasi grottesca, dove le parole sono svuotate di significato e ripetute solo per “fare la cosa giusta”.

In quelle pagine, la preghiera non è un dialogo, ma una prestazione, un rituale da eseguire per dimostrare fedeltà. Non si prega per esprimere il cuore, ma per rientrare in un modello. E proprio lì, nel contrasto tra bisogno umano e dogma, emerge il dramma silenzioso di chi vuole parlare con Dio… ma riesce solo a recitare.

b) Testimoni di Geova e Bibbia: il vero senso della preghiera nella Scrittura

Nel mio saggio Testimoni di Geova e Bibbia: Setta o Vera Religione?, ho dedicato un’intera sezione al concetto di preghiera, confrontando la visione geovista con l’insegnamento biblico autentico. Il risultato è sconcertante: mentre la Bibbia parla di un Dio che ascolta i cuori sinceri, l’organizzazione impone una forma, una struttura e un tono, fino a rendere la preghiera un atto controllato, standardizzato, conforme.

Analizzo come il vero spirito della preghiera venga soffocato sotto il peso delle regole, della paura e del giudizio. E invito il lettore a riscoprire una spiritualità libera, personale, fatta di parole vere, anche imperfette, ma autentiche.

6. Conclusione: parlano con Dio o recitano per l’organizzazione?

I Testimoni di Geova pregano, sì. Ma non nel modo in cui molti intendono la preghiera. Le loro parole sono filtrate, misurate, verificate. Ogni invocazione deve rientrare nei confini del lecito, del “corretto”, del teologicamente approvato. Non è un dialogo tra l’anima e Dio, ma una dichiarazione di fedeltà all’organizzazione.

La domanda finale è semplice: parlano davvero con Dio? O stanno solo recitando una parte, per rimanere accettati? La risposta dipende da quanto sei disposto a guardare oltre l’apparenza.

Ora non mi resta che augurarti buona permanenza su Soldionline.biz.

Foto Luca Catanoso

Luca Catanoso

Blogger e scrittore, autore di numerosi libri pubblicati su Amazon. Racconto storie emozionanti di animali, approfondisco tematiche di storia militare, sviluppo personale e molto altro ancora. La mia missione è ispirare, informare e coinvolgere attraverso la scrittura.

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